Sono i dettagli che fanno la differenza tra ordinario ed elegante. Un accessorio inutile, come la cravatta, ma che proprio come questa può dare un tocco raffinato e moderno mettendo in nuova luce l’abbigliamento è il fazzoletto da taschino. In lino, seta, cachemire oggi è possibile trovarne infinite declinazioni nei colori più disparati. E nonostante la pochette classica sia e rimanga quella bianca di seta, eleganti ma allo stesso tempo easy sono quelle colorate, a tinta unita e meglio ancora decorate con disegni ornamentali.
Per chi non se la cava con gli abbinamenti è comunque consigliabile non osare. C’è infatti una sottile linea di confine tra quello che si dovrebbe fare e quello invece che si dovrebbe evitare nel modo più assoluto:
- – la pochette deve richiamare i toni della cravatta, ma non dev’essere dello stesso colore;
- – può essere di tonalità molto diverse dalla giacca e dalla cravatta;
- – il suo tessuto può essere di nobiltà opposta a quella dell’abito (tessuto povero, cotone e lino con seta e lana pettinata. Viceversa nobile come la seta con tweed, lino o lana)
Per quanto riguarda poi il modo d’indossarlo, merita una breve parentesi l’effetto “origami”, lo spettro dello stile urbano contemporaneo: piegata in modo liscio, con le tre o le quattro punte in alto è la versione più provinciale e mediocre della pochette. Parola di Daniele Tinti, presidente della neonata Associazione Internazionale per la Floricoltura della Pochette, il club nato per preservare e divulgare il buon uso e le migliori interpretazioni del fazzoletto da taschino, elemento così elegante e delicato da essere paragonato a un fiore. Come adagiarla dunque? Piegata a rettangolo se di cotone o lino, con i lembi in giù a puff se di seta, oppure – per restare in tema – “a fiore” lasciando fuoriuscire i “petali” in modo scomposto e casuale. Per un approfondimento, vale qualche minuto d’attenzione la bacheca dell’Associazione.